sabato 4 aprile 2015

Buona Pasqua “cruelty free”

È arrivata la Pasqua, un’occasione di impegno, per molte associazioni e coscienze animaliste, a favore di una festa “cruelty free” spesa nell'invitare cattolici e non ad evitare la mattanza pasquale di agnelli e capretti. Un invito che dovremmo tutti, “animalisti e non”, prendere in seria considerazione perché se mangiare animali è una di quelle tematiche complesse e delicate che va a toccare le consuetudini profonde di ognuno di noi, provocando dibattiti infiniti è indubbio che, tralasciando per un attimo l’etica e la filosofia antispecista, se ogni italiano rinunciasse (non solo a Pasqua, ma almeno una volta alla settimana) alla carne risparmierebbe la vita a milioni di animali e migliorerebbe sensibilmente le condizioni del Pianeta oltre che quelle della propria salute.

Accanto a quella che molti animalisti ritengono una dubbia scelta morale, esiste nel nostro menu non solo pasquale un problema di sostenibilità ambientale che si fa ogni anno sempre più pressante e attuale. Il consumo di carne ha, infatti, un impatto devastante che non possiamo ignorare, oltre che sul consumo d’acqua, anche sul cambiamento climatico. L’allevamento industriale di animali destinati all’alimentazione fa crescere l’accumulo di gas serra nell’atmosfera e la crescente domanda di carne proveniente anche dai Paesi in via di sviluppo rischia di aumentare esponenzialmente questo già diffuso fenomeno. Per la Foods and Agriculture Organization (Fao) le emissioni di gas serra dovute alla fermentazione enterica, cioè al metano prodotto e rilasciato dal bestiame durante la digestione nell’allevamento, “sono quasi raddoppiate negli ultimi cinquant’anni e potrebbero aumentare di un ulteriore 30 per cento entro il 2050”, se gli sforzi per ridurre il consumo di carne e derivati non saranno intensificati.

Cosa poi voglia dire il costante consumo di carne industriale sulla nostra salute lo lasciamo sintetizzare ad Umberto Veronesi, non certo l’unico oncologo di fama mondiale che anche attraverso la sua Fondazione non perde occasione per ricordarci, che “Ne uccide più la gola che la spada. Tutti siamo convinti che la minaccia maggiore alla nostra salute arrivi da ciò che respiriamo, ma questo è vero solo in minima parte. Siamo tutti in psicosi da smog e da effetto-serra (due situazioni che non sono certo da sottovalutare), ma pochi sanno che è l’alimentazione il più grande determinante della salute. La salute dipende molto di più da ciò che mangiamo che da ciò che respiriamo. E questo vale soprattutto in campo oncologico. […]. Nella buona alimentazione, caposaldo della prevenzione, devono entrare molti vegetali e poca o nulla carne. Io sono un vegetariano convinto per ragioni etiche (non mi va di soddisfare la gola a spese del dolore e della morte di altri animali), ma nel fare queste affermazioni mi baso su ragioni scientifiche più che accertate. Noi siamo circondati da sostanze inquinanti, che la sensibilità collettiva ritiene ormai un rischio per la nostra vita. Sono sostanze nocive se le respiriamo, ma lo sono molto di più se le ingeriamo. Consumando carne, ci mettiamo proprio in questa situazione, perché dall’atmosfera queste sostanze ricadono sul terreno, e quindi sull’erba che, mangiata dal bestiame, si accumulano nei depositi adiposi, e arrivano sul nostro piatto quando mangiamo la carne”.

Non solo da queste premesse "salutiste" partono come ogni anno i principali appelli animalisti come quello della Lega Anti Vivisezione (Lav) che lo scorso fine settimana ha invaso pacificamente le chiese e le piazze italiane con numerosi flash mob dove centinaia di volontari hanno chiesto agli italiani: “Cambia menu” e ”Per Pasqua non ammazzarlo”. “La Pasqua è un momento di particolare crudeltà nei confronti degli animali - ha spiegato la Lav - Sono infatti centinaia di migliaia gli agnelli e capretti uccisi ogni anno per celebrare quella che dovrebbe essere la festa della vita”. E se invece di ucciderli li lasciassimo vivere? “L’alternativa a questo sacrificio ripetuto ogni primavera esiste, è facile da adottare e molto più coerente con il festeggiamento della rinascita pasquale di quanto lo sia un piatto di carne di agnello o capretto". Un pranzo pasquale "alternativo" senza ingredienti di origine animale è infatti facilmente adattabile ad ogni esigenza alimentare grazie al menù pasquale della LAV .

Dello stesso avviso anche l’Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa) che ci ha ricordato come “Nonostante una certa flessione nelle macellazioni, registrata dall’Istat tra il 2013 e il 2014, i numeri del massacro continuano ad essere impressionanti visto che soltanto l’anno scorso sono stati macellati ben 2,2 milioni tra agnelli e agnelloni”. Per questo, l’Enpa che si è fatta promotrice in collaborazione con la piattaforma Firmiamo.it di una raccolta firme contro la macellazione rituale degli agnelli che, ad oggi, ha già raccolto quasi 20.000 sottoscrizioni ha ribadito anche in questa “Pasqua di sangue” il proprio impegno a salvare i cuccioli di pecora dal mattatoio ricordando come “L’unico modo di tutelare realmente gli animali sia quello di abbracciare la scelta veg che non è soltanto cruelty free, ma anche benefica per la nostra salute”. 

Tra le voci levatesi a favore di una Pasqua “cruelty free” non è mancata quella dell’Organizzazione Internazionale Protezione Animali (Oipa) che ha sottolineato come ogni anno in Italia sono tantissimi "gli agnelli uccisi, cuccioli di circa due mesi di vita, separati forzatamente dalle loro madri, maltrattati, marchiati e trasportati verso una fine crudele e violenta. Circa 800.000 muoiono esclusivamente nel periodo di Pasqua”. Ma perché il cane corre nei prati con il suo compagno umano, il gatto sonnecchia sul divano e risponde alle carezze con le fusa, mentre l’agnello piange perché è stato strappato dalla mamma prima di essere sgozzato e cucinato accanto alle patate, si sono chiesti gli attivisti con una serie di cartelloni che da alcune settimane si possono vedere affissi nelle principali città italiane? “Lo scorso anno abbiamo avuto un grande riscontro da questa particolare forma di sensibilizzazione e abbiamo scelto di riproporla perché crediamo fermamente rappresenti un investimento per il futuro: modificare la coscienza collettiva può realmente salvare la vita di milioni di animali - ha spiegato Massimo Comparotto, Presidente Oipa  - Il messaggio è forte e di impatto, ma non sciocca, piuttosto invita a porsi una domanda e a riflettere sulla risposta. Alla presa di coscienza deve seguire il coraggio di cambiare le abitudini di una vita intera. Abitudini che non valgono certo milioni di altre vite”. 

Alla luce di quanto detto, animalisti o no, non nutrirsi di altri animali potrebbe non essere solo una moda o una forma radicale di protesta e non dovrebbe rendere chi lo fa il “diverso”. Rispettare la vita, il pianeta e la propria salute è piuttosto una scelta responsabile e non magiare animali è una decisione che rende il nostro devastante impatto sul pianeta decisamente più sostenibile. Non è l'unica, ma è un cambiamento che può facilmente iniziare da ognuno di noi con una buona Pasqua “cruelty free”.

Alessandro Graziadei

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